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Il gioiello-scimmia in Rubens avvertiva, con lo specchio, rischi della vanità nelle bambine


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P.P.RUBENS, Ritratto di Eleonora Gonzaga all'età di tre anni (part.), 1601 ca., olio su tela, cm. 76 × 49,5, Vienna, Kunsthistorisches Museum
P.P.RUBENS, Ritratto di Eleonora Gonzaga all’età di tre anni, 1601 ca., olio su tela, cm. 76 × 49,5, Vienna, Kunsthistorisches Museum. Nel cerchio, il gioiello portafortuna che allude, al tempo stesso, alla vanità femminile. La scimmia, infatti si specchia


Uccelli, animali esotici e mostri fantastici sono i soggetti principali delle opere di oreficeria del primo Cinquecento. La scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, avvenuta alla fine del XV secolo, ha permesso l’arrivo in Europa di motivi decorativi fino a quel momento inesistenti, ereditati dalla cultura inca e azteca. Le novità passando per la Spagna, giungono anche in Italia (soprattutto per mezzo dei grandi mecenati), dove si fondono con la tradizione figurativa greco-romana. Oltre all’utilizzo di un’iconografia favolosa, questi gioielli sono caratterizzati da una sontuosa commistione di materiali. Ori, smalti, perle e pietre preziose si presentavano nello stesso monile.

Si riteneva che questi oggetti d’oreficeria, spesso ispirati da immagine diffuse tramite libri stampati, avessero dei poteri magici. Un esempio – citato da Alessia De Simone – è quello del Pendente a forma di Sirena, conservato insieme a molti altri nel Museo degli Argenti di Firenze, costituito da diamanti, rubini, perle scaramazze, oro smaltato e appartenuto ad Anna Maria de’ Medici. Esiste, inoltre, un Ritratto di Eleonora Gonzaga all’età di tre anni, in cui compare un singolare gioiello di gusto fiammingo, che ne ricorda un secondo, il Pendente con la scimmia, degli anni ottanta del Cinquecento, in cui la figura è descritta come, appunto, una scimmia – dice De Simone – che è “ travestita da venditore ambulante e cammina su un fischietto; sulle spalle porta una cornucopia foriera di doni, che ne fa un’immagine bene augurale”. Similmente la scimmia che è raffigurata sulla manica della nobile bambina, ritratta nel 1601 circa da Rubens, simboleggia prosperità e protezione dalle malattie, come il corallo – rappresentato anche nel Ritratto di Giovanni de’ Medici, dipinto da Bronzino nel 1549 -, rimedio contro malocchio e infermità, proprio grazie ai rametti appuntiti che avevano la capacità di deviare l’influsso malefico. Non dobbiamo dimenticare che tra le diverse connotazioni simboliche della scimmia, essa può risultare collegata, a livello di rappresentazione, alle immagini della pittura e delle scultura. L’arte,  come la scimmia copia gli atteggiamenti degli uomini, fedelmente , diviene specchio della realtà. Per quanto riguarda la scimmietta di Eleonora Goncaza non possiamo dimenticare un’altra possibile azione semantica, forse collegata alla vezzosità della damina, che amava specchiarsi. Uno specchio sembra apparire nella mano destra della scimmia per rappresentare un peccato combattuto nelle bambine e nelle donne: la vanità

P.P.RUBENS, Ritratto di Eleonora Gonzaga all'età di tre anni (part.), 1601 ca., olio su tela, cm. 76 × 49,5, Vienna, Kunsthistorisches Museum
P.P.RUBENS, Ritratto di Eleonora Gonzaga all’età di tre anni (part.), 1601 ca., olio su tela, cm. 76 × 49,5, Vienna, Kunsthistorisches Museum

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