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Il guitto (Federico Fellini) abusivo in casa del Principe (Sigismondo Pandolfo Malatesta)


di Roberto Manescalchi

“…eravamo due poveracci senza una lira. Andavamo a mangiare in una latteria di via Frattina e c’eravamo accattivati la simpatia della cuoca. Ordinavamo uno spaghetto e lei sotto ci metteva due bistecche e due uova. Io e Federico Fellini facevamo lunghe passeggiate la sera. Sognavamo parlavamo di aspirazioni progettavamo di diventare io un grande attore e lui sosteneva sempre: “T’assicuro Albè che io un giorno diventerò un grande regista, forse il regista più grande del mondo”. Solo che lo dovevo sostenere; lui c’aveva fame gli era rimasta solo una testa così… piena di capelli su un corpo che ormai non si sosteneva più perché era debole deperiva di giorno in giorno ed io non potevo fare niente per lui. Potevo divertirlo, potevamo ridere, scherzare insieme, ma non potevo sfamarlo perché anch’io ero un poveraccio non c’avevo una lira e poi arrivò il suo angelo salvatore. Conobbe una ragazzina che faceva la radio si chiamava Giulietta. Lui scrisse per lei una rubrichetta alla radio e si fidanzarono. Lei da buona emiliana cominciò a cucinare agnolotti, lasagne, tortellini e lui cominciò a ingrassare. Federico cominciò a camminare da solo, cominciò a scrivere e cominciò a lavorare. Tutto quello che vi racconteranno che non sia quello che vi ho raccontato io probabilmente non è la verità e sapete perché probabilmente gliel’ha raccontata lui. Perché dovete sapere che oltre che ad essere un grande regista Federico Fellini è anche un grande bugiardo, forse l’uomo più bugiardo del mondo. Però oh! Federico c’ha una capoccia così”.

Ricapitolando… che Fellini sia stato un guitto lo testimonia, nel senso di aggettivo (persona che vive in condizioni di estrema miseria) e nel senso di sostantivo (teatrante di infimo ordine -ricordiamo la rubrichetta alla radio per Giulietta-) il suo amico di vita Alberto Sordi di cui ho sopra trascritto il seguente audio:

Ovviamente, a parte il capocomico Alberto Sordi, non nego l’enorme successo anche mediatico dei successivi lavori di Fellini spesso giudicati capolavori. Me lo spiego con il fatto che gli stupidi, in tutte le categorie, sono molti di più di quanti anche lontanamente sono in grado di supporre ne possano esistere, ma anche questa volta non sono io. Carlo Cipolla spiega bene la cosa in: The Basic Laws of Human Stupidity

«dall’inizio del genere umano non credo che vi sia stato uomo peggiore, né credo che si possa trovare alcuno la cui iniquità sia più completa, il cui fetore ammorba non solo la chiesa e il mondo, ma giunge fino al cielo. Provocherebbe nausea agli stessi spiriti beati se essi non fossero incapaci di passioni (…) si crederebbe superiore a Dio, se credesse che un dio esistesse; più saggio di Mosè e di Solone; capace di svelare il senso dei più difficili pensieri di Platone e di Aristotele e i più ardui problemi di teologia. (…) il veleno del mondo, il predone di ogni cosa divina e umana»

abbiamo estrapolato dalla requisitoria che l’avvocato fiscale Andrea Benzi, recitò contro Sigismondo Pandolfo Malatesta (soprannominato il Lupo di Rimini. Signore di Rimini, Senigallia, Gradara, Cervia, Fano, Bertinoro e San Leo), per conto del Pontefice Pio II.

Sono talmente tante le cose vituperevoli attribuite a Sigismondo che se solo un decimo di esse fossero vere avrebbe diritto a sedere stabilmente tra gli dei dell’Olimpo.

Eppure Sigismondo dimenticato e Federico sugli altari come si spiega? Sempre con “le leggi sulla stupidità umana” che nel frattempo è stato tradotto.

Alberto Sordi per Federico e l’avvocato del Papa per Sigismondo? Si certo sono di parte, ma a se a favore di Federico posso citare altri innumerevoli testimoni si tratta per lo più di intellettuali radical chic… gli stessi che hanno celebrato un disegnatore siciliano di mano poco più che felice e poca testa (senza progetto) che ha avuto l’unico merito di scopare una contessa a nome di tutta la classe operaia e disegnarne ad libitum le cosce per quasi mezzo secolo anche quando erano ormai flaccide e cadenti… gli stessi che nel 1984 celebrarono le ritrovate teste di Modigliani, appena ripescate dai fossi di Livorno senza che gli passasse minimamente per il cervello che, quand’anche fosse stato… quelle teste “il maledetto” le avrebbe buttate e quindi disconosciute. E a discredito o favore della grandezza di Sigismondo Pontefice a parte? Cosimo il vecchio? Federico II da Montefeltro? Francesco Sforza? Borso d’Este? Leon Battista il principe degli umanisti? Piero della Francesca l’unico principe cui Piero, tra l’altro, abbia dedicato il tempo per ben due ritratti. Un pittore direte voi… si certo se si considerano gli sciocchi e sbagliati balconi della Valmarecchia… un po’ di più se si considera l’idea rivoluzionaria del partire non dalla realtà per la rappresentazione dell’universo mondo, ma dalle regole di rappresentazione per definire in ogni aspetto la realtà che ci circonda. Quanti hanno letto il suo enorme De Perspectiva Pingendi? Pochi, specialmente a Rimini, altrimenti non avrebbero spostato il suo affresco dalla cappella delle reliquie cfr:

Marchi: “L’affresco di Sigismondo non doveva essere spostato”

Scusate! Non c’è filo conduttore. Proviamo a cercarne uno l’occhio alato di Alberti nella medaglia di Matteo de Pasti? Il quid tum? (Fot.1)

Foto 1

Il Matteo de Pasti ambasciatore o comunque inviato come tale presso Maometto II che recava in dono il De re militari di Roberto Valturio con lettera dello stesso Valturio per conto di Sigismondo al Sultano? Lo stesso Matteo della medaglia di Sigismondo (Fot.2) con al verso (oculum?) la casa del Principe Castel Sismundum (Fot.3)

Foto 2
Foto 3

L’oculum che ritorna anche in Piero, sempre con Castel Sismundum (Fot.4)

Foto 4

Caste Sismundum il castello che recenti studi di Giovanni Rimondini cfr. anche:

“Cominciano a distruggere Castel Sismondo: fermiamoli!”

riconducono giustamente a Filippo Brunelleschi il più grande architetto del primo rinascimento ed ecco ancora l’oculum (l’umanista dedicò all’architetto, che fu anche iniziatore se non codificatore di certi studi, un suo trattato sulla prospettiva) questa volta nella sua cupola. Occhio finestra che consente anche il respiro alle enormi masse murarie delle due cupole interna ed esterna e che è certamente simbolo. (Fot.5)

Foto 5

Tutto questo perché? Perché oggi il castello del principe è occupato impropriamente da quelli che Rimondini definisce a buon titolo i “cianfi di Fellini”. Non contento il primo cittadino di Rimini sembra aver partorito un’idea geniale: Una enorme prua che richiama quella del transatlantico di Amarcord verrà piazzata davanti alla rocca. (Fot.6)

Foto 6

Il Rex sbuca da Castel Sismondo: la trovata del museo Fellini destinata a far discutere

Una volta qualche decennio fa sorprendemmo dei muratori a rifare dei pezzetti di muro dell’anfiteatro romano di Rimini. Eravamo giovani e ci scandalizzammo, ma ci consolammo subito con l’iperbole di Denis Diderot: “Beati gli antichi che non avevano un’antichità (monumenti mi sovviene)”

L’iniziativa “geniale” del primo cittadino – che ci pare sia stata già criticata da Tommaso Montanari (con lui non siamo quasi mai daccordo) – ci pare in linea con le visionarie percezioni e le architetture fuori scala di Étienne-Louis_Boullée (Fot.7) Cenotafio per Newton) ed il gigantismo di Claude Nicolas Ledoux che dell’enciclopedia sono in qualche modo figli. Di Ledoux ricordiamo l’occhio (ancora l’oculum) che contiene il teatro di Besançon (Fot.8) e così ecco che si vengono a coniugare anche Alberti (occhio) e Fellini (teatro, al tempo di Ledoux, purtroppo, il cinema non c’era)

Foto 7
Foto 8

Faccia uno sforzo Sindaco lasci perdere il Rex… faccia partorire ai suoi scenografi un enorme, felliniano e grasso culo nudo gonfiabile. Lo faccia ancorare alla enorme massa muraria del castello. Annichilisca Boullée e Ledoux e faccia si che quel cupolone sia: “Structura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire chon sua ombra tutti e popoli di Romagna” e parafrasando l’Alberti del De pictura… passerà alla storia come Brunelleschi lui con la cupola lei con un simbolo di Fellini.

Ovviamente, va da se, che a me per Fellini parrebbe sufficiente il chioschetto che riproduce la macchina fotografica della Ferrania (Fot.9, l’occhio della macchina fotografica si chiama obiettivo ed è, al solito, sostantivo ed aggettivo). Era nella rotonda di Piazza Tripoli… C’è sempre? Riservate al regista una stanza al Grand’ Hotel se il chioschetto non c’è più, ma basta per favore con il guitto… giù le mani dal Castello.

Foto 9