di Eda Benedetti
Fedeli a un modulo ormai collaudato che coniuga storia, arte e letteratura, Giuseppe Marcenaro e Piero Boragìna hanno superato se stessi ideando e organizzando al Palazzo Ducale di Genova un grande evento, colto, raffinato, allusivo e rappresentativo di un’Italia dai mille volti, vista con gli occhi di personaggi stranieri che, in epoche diverse, hanno compiuto un viaggio dentro la storia del nostro Paese. La mostra “Viaggio in Italia: un corteo magico dal Cinquecento al Novecento” (da non confondere con il Grand Tour) trasmette molte delle emozioni annotate nei diari di quei pittori, scrittori, poeti, architetti, musicisti, che si sono affacciati alle nostre contrade, facendo una scelta culturale che ha trasformato il loro itinerario in un viaggio dello sguardo, in un viaggio dell’anima. Il Rinascimento italiano, frammentato in tante sfolgoranti Signorie, è rappresentato dai ritratti di condottieri, duchi e principi le cui casate sono Gonzaga, Este, Sforza, Doria, Bentivoglio, Medici, Montefeltro nelle città di Mantova, Ferrara, Milano, Genova, Bologna, Firenze e Urbino. Lo sfarzo pontificio ha i volti di Alessandro VI, Giulio II, Leone X, Paolo III, cui si contrappongono sulle pareti le figure di Carlo V, Luigi XII e Francesco I, Filippo II, Lutero e Calvino. I protagonisti artistici di tanto splendore si chiamano Leonardo, Bramante, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Giorgione, Veronese, Pontormo, Bronzino, mentre i letterati Machiavelli, Aretino, Guicciardini, Ariosto, Bembo, Tasso sono presenti con manoscritti autografi.
Il Cinquecento. Il primo viaggiatore che colpisce la nostra attenzione è Montaigne, insigne umanista ed epicureo raffinato: arriva dalla Francia afflitta dalle guerre di religione nel 1580, attratto dalla cultura rinascimentale e dalle città termali, come Lucca, dove tenta di trovare sollievo ai calcoli renali. Visita Firenze ed è ricevuto dai Granduchi di Toscana. Prosegue per Roma, dove papa Gregorio XIII, il riformatore del calendario, gli concede la “cittadinanza onoraria”. Nel Seicento controriformistico, fra inquisizioni e roghi, incontriamo Rubens, grandissimo pittore e diplomatico a Mantova alla Corte di Vincenzo I Gonzaga; a Genova, dove immortala in immensi ritratti la nobiltà filospagnola, si innamora dei palazzi patrizi, raggruppa intorno a sé allievi e artisti provenienti dalle Fiandre (primo fra tutti van Dyck) e influenza un’importante stagione pittorica cittadina. Nel Settecento, seguendo i dettami de “l’esprit philosophique”, molti personaggi eclettici compiono il “Viaggio in Italia”. Ecco allora Montesquieu (che vuole studiare le fortificazioni delle varie città italiane) a Torino, nella Milano illuminista di Verri e Beccaria, a Bologna, dove è folgorato dai dipinti di Guido Reni, del Francia e dei Carracci. Il marchese De Sade, accusato di immoralità, arriva in Italia per sfuggire alla polizia francese. Si nasconde a Firenze e poi a Roma, dove visita palazzi e chiese esaltandosi alla vista di sante sensualmente verginali.
Winckelmann si ferma a Roma suggestionato dalle antichità classiche: la sua estetica influenzerà i viaggiatori del Grand Tour. Dalla Spagna arriva in Italia per un viaggio di studio il giovanissimo Goya, mentre il gruppo più nutrito è rappresentato dai tedeschi guidati da Angelica Kauffmann. Goethe, da parte sua, non si interessa soltanto all’archeologia della Roma antica, incuriosito pure dalla vegetazione e dal paesaggio. Continua il suo viaggio nel Regno di Napoli, dove stringe amicizia con Hackert, pittore di Corte di Carlo I, si interessa al Vesuvio e ai Campi Flegrei; raggiunge quindi la Sicilia, dove si inebria di luce e di colori. Alla fine del Settecento, l’Ambasciata di Francia a Roma si arricchisce di un letterato politicamente scomodo in patria: è François René de Chateaubriand, segretario del Cardinale Fesch ed egli stesso ambasciatore di Luigi XVIII alla Restaurazione. In una serie di ritratti della famiglia Bonaparte e dei pontefici Pio VI, Pio VII e Leone XII si legge l’ascesa, l’apogeo e la caduta de “l’Empereur”, la mondanità della Roma canoviana, mentre all’Accademia di Francia soggiornano i non ancora celebri Ingres e Corot. Il Romanticismo in Italia si illumina con il melodramma e affascina soprattutto il giovane Stendhal, innamorato di Milano e della Scala. Console di Francia a Civitavecchia, segue a Napoli Gioachino Rossini e si esalta alle rappresentazioni del Teatro San Carlo. Flaubert invece predilige Genova e il paesaggio ligure. Gli scrittori inglesi si chiamano Shelley, Byron, Dickens, e sono attratti dalla Liguria e dalla Toscana. Turner visita Venezia, Genova, Firenze, Napoli: e l’abbagliante luce mediterranea influenzerà i suoi splendidi dipinti. Il romanziere americano James trova a Firenze l’atmosfera adatta per “Ritratto di signora”; anche l’inglese Robert Browning soggiorna a Firenze; entrambi si ritrovano poi a Venezia, ospiti di elegantissimi salotti frequentati da scrittori e artisti stranieri. Agli inizi del Novecento, sempre a Venezia, in una atmosfera atemporale e un po’ decadente, filtrata dai dipinti di Boldini, incontriamo Marcel Proust, che si emoziona di fronte alle tele del Carpaccio. Il visitatore, dopo aver resistito a un percorso espositivo lungo 1500 metri e alla visione di circa ottocento opere, se non è colto dalla famosa sindrome, può associarsi a Stendhal nell’entusiasmante: “Mon Dieu, que j’ai bien fait de venir en Italie!”.
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