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Wanda Wulz – Io+gatto, la ricerca fotografica avanguardista


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W. WULZ. Io +gatto, 1932, stampa su gelatina ai sali d'argento, 29,4 x 23,3, New York, Metropolitan Musueum of Art
W. WULZ. Io +gatto, 1932, stampa su gelatina ai sali d’argento, 29,4 x 23,3, New York, Metropolitan Musueum of Art

L’atelier fotografico triestino della famiglia Wulz, il primo nato in Italia, ha una storia che si protrae per oltre un secolo, con il susseguirsi del passaggio di testimone tra i vari membri della famiglia. Nel 1868 Giuseppe Wulz (1843-1918), dopo un lungo tirocinio come semplice garzone presso Guglielmo Engel, apre un proprio studio in corso Italia 19 a Trieste. Il suo atelier si trasformerà ben presto in un punto di incontro per molti artisti, tra cui il pittore e amico Giuseppe Barison e intellettuali quali Alfredo Tomiz, Pietro Fragiacomo, Umberto Veruda, molto vicino a Italo Svevo.

Da questi scambi culturali avranno vita le grandi vedute di Trieste e i ritratti a firma Giuseppe Wulz, realizzati con la tecnica del collodio e della gelatina bromuro. Alla sua morte – avvenuta nel 1918 – l’atelier passa al figlio Carlo (1874-1928) che si dedicherà soprattutto alla ritrattistica femminile, fermando nei suoi scatti visi e corpi nudi di donne, con incisiva eternità. Ma è con Marion e soprattutto Wanda (1903-1984), entrambe cresciute nello studio paterno, dove iniziano ad avvicinarsi alla fotografia e posano anche come modelle per molte celeberrime immagini, che lo studio Wulz raggiunge una fama internazionale.
Wanda inizia sul concludersi degli anni Venti ad approfondire il fotodinanismo, attraverso il volume di Anton Giulio Bragaglia, Fotodinamismo futurista, e a interessarsi ai presupposti fondanti del movimento, avviando fotomontaggi con effetti dinamici. Nell’aprile 1932 partecipa a una mostra futurista che si tiene a Trieste con la fotografia io+gatto, opera che entusiasmò Filippo Tommaso Marinetti con il quale collaborerà, anche a diverse esposizioni successive. Io+gatto nasce dalla sovrapposizione del viso di una donna – quello di Wanda stessa – con l’immagine di un muso di un gatto. L’opera conosciuta internazionalmente la consacra fra le poche fotografe futuriste e tra di loro, come la migliore.
Molte altre sono le sperimentazioni avviate dall’artista sempre in ambito futurista tra cui antecedete Wunderbar del 1930 ca., in cui il dinamismo di veli trasparenti magicamente fluttuanti permea l’immagine. L’esperienza nell’avanguardia per Wanda si limiterà a un breve periodo della sua vita, perché tornerà a lavorare su foto in studio nello storico atelier di corso Italia 19, fondato dal nonno Giuseppe. Nel 1981 Marion e Wanda decidono di interrompere la loro attività professionale, donando tutte le loro immagini, di cui molte attualmente esposte in vari musei internazionali – come nel caso di io+gatto che si trova al Metropolitan Museum di New York – al Museo della Fotografia Fratelli Alinari.

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