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Le sirene nell’arte – Il significato: simbolo d’infedeltà. Il disastroso richiamo del desiderio. Il caso di Ulisse


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sirene

Rappresentazione del tranello mortale che ci tendono i sensi, le sirene hanno avuto una connotazione negativa nella storia dell’arte, specularmente alle credenze antiche.

Sotto il profilo simbolico. essere rappresentano, almeno fino al passaggio edulcorato nella fiaba ottocentesca, che ne mutò indole, inclinazione, atteggiamento e rappresentazione – vedi Sirenetta di Copenaghen, che si ispirò alla fiaba di Andersen, in cui essa è l’incarnazione dell’amore romantico -,  il tranello mortale teso dalla donna, con la propria voce dolce e suadente e con il proprio corpo, nei confronti dell’uomo.

La sirena simbolizza i rischi dell’abbandono della retta via, a causa dell’ascolto del richiamo dei sensi – prestare ascolto alla malia, rende il maschio ammaliato, cioè privo di ragione, di controllo e di capacità di discernimento -; è metafora della necessità dell’uomo di deviare le proprie pulsioni o di contenerle, in quanto un eccessivo ascolto dei richiami che suscitano la reazione della carne, porta a deviare rispetto alla costruzione della civiltà, a cui tutti devono tendere. Eloquente, a questo proposito, è il segmento narrativo dedicato alle Sirene, in Omero. Ulisse, nell’Odissea, riesce, con ogni donna incontrata durante il lungo viaggio di ritorno da Troia, a rifiutare le offerte comunque a gestire razionalmente il cedimento temporaneo.

Poi, in ogni caso, riparte. Ma dalla maga Circe viene avvertito del richiamo irresistibile delle Sirene. Sicché il previdente Odisseo chiede di essere legato dai propri uomini all’albero della nave per evitare di cedere a quella che non è più una semplice tentazione, ma una malìa d’amore che porterebbe all’abbandono della rotta primaria, con conseguenze che potrebbero essere mortali.

Decorazione di un vaso ateniese, tardo VII-primo V secolo a.C. British Museum, Londra
Decorazione di un vaso ateniese, tardo VII-primo V secolo a.C. British Museum, Londra

Nell’antica tradizione greca e romana, le sirene era dotate di ali, di un volto seducente In alcune rappresentazioni esse hanno un corpo statuario, con seni ben fatti, fianchi espansi, cosce tornite che, a partire dal ginocchio, divenivano arti e zampe di volatile.

Sirena, statua funeraria del I secolo a.C. proveniente da Myrina
Sirena, statua funeraria del I secolo a.C. proveniente da Myrina

 

Gustav Klimt, Sirene, 1889
Gustav Klimt, Sirene, 1889

Il ruolo di queste creature era legato all’Ade perchè, con i loro canti melodiosi, rinfrancavano le anime che si accingevano ad entrare nell’Aldilà. Molto probabilmente il mito s’era sviluppato attorno ai gridi di colonie di gabbiani che, alla distanza, sembravano canti di donna, all’interno dei quali era possibile immaginare qualche parola. I naviganti che si fossero fatti ammaliare da questi melodiosi fraseggi, avrebbero diretto la prua verso le sirene, naufragando su scogli poco evidenti dalla nave.

Nel Medioevo cristiano, probabilmente in seguito alla fusione di queste figure con miti analoghi provenienti dai mari dell’Europa settentrionale, le sirene non vennero rappresentate più con le ali e le zampe d’uccello, ma con la coda di pesce. Questo mutamento iconografico si impose quasi certamente per differenziare creature mostruose dagli angeli che, a partire dal III secolo, furono rappresentati nella forma che ben conosciamo – per un approfondimento di questo tema, clicca qui sotto  il nostro link interno http://www.stilearte.it/cosi-gli-angeli-spiccarono-il-volo/). Le sirene persero pertanto le alate connotazioni per mettere la pinna caudale. In questa nuova forma, rispetto alla tradizione classica, vengono descritte, nell’VIII secolo, nel Liber monstrorum de diversis generibus.

Le sirene pisciformi furono scolpite nelle chiese romaniche, imprigionate dalla costruzione stessa, in molti casi costrette a sostenere, come capitelli, gli edifici. La pulsione primitiva veniva così catturata dalla pietra divina e finalizzata al bene.  La più ampia raffigurazione di sirene, nella pittura, si attesta però nel XIX secolo quando rappresentarono inequivocabilmente la donna fatale, irresistibile, che porta l’uomo a certa rovina. Per questo i pittori indugiarono, con compiacimento, sulle soavi nudità di queste figure, che, in molti casi, persero persino la coda.