Press "Enter" to skip to content

Leda e il Cigno nell'arte – Il significato dell'allegoria sessuale, il filmato


PUOI RICEVERE GRATUITAMENTE, OGNI GIORNO, I NOSTRI SAGGI E I NOSTRI ARTICOLI D’ARTE SULLA TUA HOME DI FACEBOOK. BASTA CLICCARE “MI PIACE”, SUBITO QUI A DESTRA. STILE ARTE E’ UN QUOTIDIANO , OGGI ON LINE, FONDATO NEL 1995
In pittura il mito di Leda e il cigno rappresenta l’intraprendenza sessuale maschile, in base alla quale, originariamente, anche l’inganno risulta lecito per giungere all’unione sessuale. Sotto il profilo iconografico il successo di Leda giacente posseduta dal cigno è legato all’immagine traslata dell’accoppiamento tra uomo e donna, coperto dall’allegoria del mito. Sotto il profilo simbolico rappresenta – e forse un tempo propiziava – la potenza sessuale maschile.
Leonardo da Vinci, Studio per Leda e il cigno
 
Leda, regina di Sparta e madre di Clitennestra e Elena – colei che sarebbe stata causa dello scoppio della guerra di Troia – dormiva sulle sponde di un laghetto, quando fu da un  candido cigno,che era l’animale nel quale Zeus si era tramutato per poterla possedere. Leda era stordita dal profumo d’ambrosia e dall’azione del collo dell’animale sul suo corpo. Concluso il rapporto sessuale, Zeus annunciò che che dalla loro unione sarebbero nati due gemelli, i Diòscuri: Càstore, grande domatore di cavalli, e Pollùce, invincibile pugile. Siccome Càstore era mortale e Pollùce immortale, quest’ultimo voleva essere mortale per amore del fratello. Zeus, impietosito, stabilì che ognuno di essi abitasse un giorno, vivo, sull’Olimpo e il giorno dopo, morto, nell’Erebo, dandosi cosi il cambio.
leda e il cigno
Tra le più potenti rappresentazioni de Cigno che possiede Leda, va certamente annoverata quella realizzata da Michelangelo per il Duca d’Este, che risulta, come dimostrano le copie tratte dal dipinto da Rosso Fiorentino e altri pittori (qui sopra), particolarmente esplicita e che si lega ad esempi che il pittore trasse da reperti antichi.. Il dipinto fu commissionato da Alfonso d’Este e realizzato da Michelangelo nel 1530. Quando un delegato del Duca di Ferrara giunse a ritirare l’opera, la criticò, così Michelangelo si rifiutò di consegnargliela e la diede a un proprio garzone. La tempera prese la via della Francia. Nel 1532 venne lasciata in deposito al re Francesco I, che forse l’acquistò in seguito, destinandola al castello di Fontainebleau. Le vicende successive sono incerte: forse venne fatta bruciare da un ministro di Luigi XII per motivi moralistici, oppure venne semplicemente occultata: pare che il Milizia la vide “malconcia” nel 1740, ma da allora non se ne sa più niente.