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Madonna del parto di Piero della Francesca. Toccarle l'ombelico su un video dalla stanza accanto


MADONNA DEL PARTO DI PIERO DELLA FRANCESCA
Da vergine pregnante a vergine multimediale passando per un tentativo di ricostruzione.
di Roberto Manescalchi
Avevo in testa uno studio sull’opera in questione e un pomeriggio, non troppo tempo fa, mi sono recato a Monterchi ai Musei Civici per operare alcune verifiche. C’era un gran vocio all’interno del piccolo museo malgrado la sala che ospita l’ “immensa” icona fosse deserta. Circa 25 studenti, uno più uno meno, impegnati a baloccarsi, assieme ad un paio di docenti, in una saletta contigua e la “Vergine pregnante” sola come un cane! Mi sono ricordato immediatamente un articolo di Francesco Caremani pubblicato nel Corriere Fiorentino il 24 febbraio u.s. che mi permetto di citare brevemente
(colleziono maniacalmente e memorizzo ogni ritaglio di giornale e o articolo online riferito a Piero su cui riesco a mettere le mani):
https://www.pressreader.com/italy/corriere-fiorentino/20180224/281496456770407
“GUARDA E TOCCA
Madonna del Parto in alta definizione nei Musei Civici
Una rivoluzione digitale e logistica per offrire un’esperienza totalizzante al visitatore.
I Musei Civici Madonna del Parto di Monterchi cambiano pelle con una nuova sala audiovisivi e due touch screen, che permetteranno ai turisti d’immergersi completamente dentro il meraviglioso affresco.”
Avevo da controllare il mio affresco che per altro conosco abbastanza bene. L’ho guardato attentamente per ore almeno dieci volte l’anno, tutti gli anni, negli ultimi 47 anni e si tratta di un minimo di 470 visite. L’ho visto più volte assieme ad Eugenio Battisti, scusate se tutti gli altri non contano. Angelo Perla, lo storico compianto custode, carissimo amico, me lo ha aperto a tutte le ore del giorno e della notte, ma non mi ero mai immerso dentro l’affresco servendomi di un touch screen.
Le uniche volte che avevo visto l’affresco in video erano state:
1) La prima volta quando il Presidente di tutto – tranne che della Repubblica – Amintore Fanfani lo spiegava, devo dire con competenza e alquanta affabulazione, in un raro documento RAI
2) La seconda volta quando l’affascinante Alain Delon lo “illustrava” – ben virgolettato e senza affabulazione alcuna a Vanina – nel famosissimo “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini del 1972
3) La terza volta nel celeberrimo “Nostalghia” vincitore a Cannes nel 1983 e tra i capolavori di Andrej Tarkovskij. Io a Tarkovskij gli avrei chiesto i danni di immagine per aver ambientato un caposaldo della cultura occidentale, una delle più compiute espressioni della luminosità del Rinascimento in una cripta (se non erro quella della chiesa di San Pietro a Tuscania che di per sé sarebbe una meraviglia). Un assurdo Piero confuso e non compreso, mischiato con i paesaggi e le pur affascinanti nebbie della Val d’ Orcia, lontano anni luce dai luminosi e tersi cieli della sua terra. Tutti bovinamente proni ad urlare al capolavoro. Il rispetto, per ciò che più intimamente ci appartiene, si deve pretendere anche dal genio, concesso e per niente ammesso che Tarkovskij lo sia. Per questo l’ ho odiato e detestato profondamente per anni e poi il tempo me lo ha reso finalmente indifferente
4) La quarta volta quando due stupende musiciste targate Decca, Floraleda Sacchi e Maristella Patuzzi, hanno registrato, anche in video

l’Ave Maria di Astor Piazzolla davanti al dipinto. Sarà difficile credo avere un’ arpa che canta come la Lyon & Healy di Flora accoppiata alla voce dello Stradivari di Stella. Ho visto l’affresco in video che le riprese, malgrado i crediti mancati, sono mie (del mio i-phone). Si certo io non sono Zurlini e neanche Tarkovskij. Il mio i-phone poco ha a che vedere con una troupe cinematografica e si vede bene, ma la musica è un bel po’ più appropriata delle colonne sonore proposte dal duo Zurlini – Tarkovskij e anche questo si sente più che bene.
http://intimamentetango.com/category/video/
https://itunes.apple.com/it/album/intimamente-tango/957313656
Avevo visto l’affresco in video, ma ora mi sarei finalmente immerso. Mi sono messo di buon grado ad aspettare il mio turno. Se ne sono andati dopo una quarantina di minuti transitando distrattamente per la stanza che ospita l’affresco… alcuni senza neppure un occhiata. Tra quelli che non hanno guardato sono stati gli insegnanti per primi. Passando parlavano della sosta per la cena, durante il viaggio di ritorno, ignorando bellamente la sacra icona, ma erano appena emersi!
Il touch screen era, finalmente, mio, ma prima il video. Non so quanto dura il video che sono andato via subito. Un improbabile commento, cercava di collegare la terra e il paesaggio all’opera di Piero, ma c’era un tentativo di ricostruzione che mi disturbava alquanto, scusatemi se cito ancora Caremani: “Il percorso inizia con uno sguardo verso il territorio, dalle finestre aperte sulla campagna, come se il nostro fosse quello di Piero, che osservava per trarne ispirazione.” E cosa ho visto io nello schermo attraverso la finestra? Una piana di girasoli a perdita d’occhio.

Un territorio arato non a forza di buoi, ma a forza degli oltre 300 cavalli di modernissimi New Holland grandi come una casa e si vede bene. L’atavica lotta tra il pelo ed i buoi che volge da secoli a favore del pelo…in questo caso vedrebbe sicuramente trionfare il trattore e anche in questo modo si perdono certezze e poesia. Come sto a sottilizzare? Come sono puntiglioso? Come cerco il pelo nell’uovo? Sono bastian contrario e non mi sta mai bene niente? Non è che non mi sta mai bene niente… sopporto male l’ignoranza, l’incompetenza, l’approssimazione e mi da enormemente fastidio la mistificazione. Trovo difficile che Piero possa essersi ispirato a un campo di girasoli per il semplice motivo che gli stessi sono arrivati dalle Americhe neanche con il primo viaggio di Colombo, ma con uno dei carichi dei viaggi successivi e forse neanche di Colombo. Piero i girasoli non li ha mai visti che è morto parecchio prima. Quello dei girasoli si chiamava Vincent e da Monterchi non credo sia mai passato. Perché nella testa di adolescenti da formare devono finire immagini sbagliate? Non sarebbe più opportuno al mattino, prima di uscire di casa, ricordarsi di prendere la testa dal comodino e porla sul collo? E’ uguale? No! Non è uguale! Non è uguale e non è la prima volta che succede. Già in occasione della riapertura della casa di Piero e da allora per sempre? Un rubicondo mezzo fattore che dovrebbe essere l’ologramma di Piero il non plus ultra della tecnologia, (meglio sarebbe stato con un bicchiere di vino in mano che uno avrebbe potuto buttarla sullo scherzo) premette al visitatore, prima di altre amenità, commiste a frasi estrapolate dagli scritti reali di Piero che ci si trova nella casa dove lui nacque. Ecco il bicchiere di vino in mano non c’è, ma di certo ci si trova di fronte ad un Piero che ha bevuto. Siamo infatti nella casa che lui si costruì ed evidentemente è un po’ improbabile che se la sia costruita per poi nascerci! Sottigliezze, quisquilie? Sono gli stessi, anzi è la stessa dei girasoli? Pare proprio di si!
Sono stato poco anche al touch screen. Assolutamente idiota guardare al monitor un’opera d’arte che hai a qualche metro dai tuoi occhi. Non concordo neanche un po’ con le accattivanti ricostruzioni di Cultura Nuova. Credo che siano tra i più bravi computer-grafici che operino in Italia. Niente da dire sulle persone e sulla loro elevata qualità di tecnici sia ben chiaro. La mia critica, a parte il particolare della base della tenda della Madonna – piccolo dettaglio della loro ricostruzione – che son certo non fosse così largo, è una questione meramente teorica ed è riferita alla pura e semplice speculazione. Non è colpa loro se viviamo una realtà virtuale ogni giorno di più. Non può essere che ti infili in testa un casco a Milano e ci scopi una a New York e loro di certo c’entrano poco! C’entrano poco, ma godere con un casco in testa a Milano intanto che lei è a New York fa degli informatici la categoria con il più alto tasso di imbecilli al mondo senza se e senza ma. Tra l’altro c’è gente in giro che sostiene che funzioni e mi sovviene l’iperbole di Diderot (se è vero che è sua): “beati gli antichi che non avevano monumenti”. Ho la realtà a portata degli occhi ed è impensabile che vada ad allargare un’immagine con le dita in uno schermo. Faccio funzionare il cervello intanto che guardo l’opera con le mani in tasca e l’opera mi si allarga in testa che altrimenti, se così non dovesse essere, perderei qualsivoglia capacita di collegamento e spirito critico. Potrei campare con un neurone solo, purtroppo a molti già succede, che sbatte e impazzisce tra le pareti della scatola cranica! Vi dirò di più: non mi interessa neanche andare oltre il campo del visibile. Devo comprendere quel che ha dipinto Piero e niente d’altro. Devo interagire con la sua Madonna con il suo indaco e o con i colori della tavolozza di Piero e non con una scansione a 24.000 dpi. 24.000 sono i baci o i morsi che sogno di dare sul collo di una che alla donna dipinta somiglia! Noi siamo laici nel profondo e non ci convertiremo facilmente come sembra sia recentemente capitato ad uno dei filosofi rossi per eccellenza chiamato a disquisire di Maria di fronte alla più antica delle Mater Matute… la più pagana delle Dee. Ma io sono laico ed anarcoide assolutamente fuori controllo. Quel che non vedo io ad occhio nudo non lo vedeva neanche Piero. Fine di inutili trasmissioni. Naturalmente non c’entra niente la lente magica che mi permette di prendere cognizione, comodamente seduto al tavolino, di un gigantesco telero di Veronese che sto studiando e che non è nella stanza accanto. Lente magica a parte, non rinuncerò comunque a prendere il treno e recarmi a Brera per controllare di persona e per godere della magia che il contatto diretto unico può offrire. Tutto quel che ha dipinto Piero sull’affresco, compreso i diademi sbiaditi sulla fronte degli angeli reggi tenda si vede benissimo anche ad occhio nudo e al massimo ci sarà da pulire gli occhiali. Non è che sono vecchio e non ho dimestichezza con la tecnologia. Andavo al CNUCE (Centro Nazionale Universitario Calcolo Elettronico) in via Santa Maria 26 a Pisa già 47 anni fa (prima che qualcuno nascesse) ad infilare le schede perforate dei miei programmi in uno dei primi elaboratori al mondo e da allora non ho mai smesso di cambiare di tanto in tanto calcolatore. Oggi il mio Mac è certamente uno dei migliori e più evoluti prodotti sul mercato e vi assicuro che lo uso da Dio. Non sono affatto giovane, ma le mie rotelle girano ancora abbastanza per far funzionare la mia testa. Dubito fortemente, invece, che le rotelle dei giovani con lo smartphone in mano e la Ronda di notte alle spalle, nella sala di Rembrandt,

ci siano tutte e girino tutte per il verso giusto (auguriamoci che sia uno scherzo). Se così non fosse… a scuola o in famiglia una occhiata veloce dentro la loro scatola cranica la darei (forse anche a genitori e docenti) che lo stato di degrado cerebrale, in assenza di scherzo, mi parrebbe evidente. Magari se proprio non volete aprirgli la testa toglietegli il touch screen che l’imbarbarimento culturale che produce mi sembra lapalissiano e non c’è applicazione o esercizio tecnico che tenga per star piegati su un telefonino al cospetto di Rembrandt. Che poi, nel caso specifico, si privilegia uno studio rispetto a decine di possibili ricostruzioni e o spiegazioni di un’opera che lo storico delle ricostruzioni e o spiegazioni, quand’anche implementato è quasi sempre solo e soltanto appena accennato. La ricostruzione/spiegazione fantasmagorica, quella che induce a credere che la verità sia quella nel touch screen del momento è sempre e solo quella di chi ha creato e progettato il multimediale e induce nel ricordo di giovani e meno giovani il credo che quella e solo quella possa essere la giusta. Il mio, ripeto, è un discutere puramente teorico sulla reale possibilità che la strada intrapresa sia quella corretta. Andremo ora, tra pochi giorni, a proporre un nuovo tentativo di ricostruzione/spiegazione dell’opera e, quando sarà completato, il contenuto del touch screen non sarà più attuale che dovrebbe essere quantomeno aggiornato, ma non avverrà, la nostra ricostruzione non sarà considerata e così avverrà per altre a venire ed è facile comprendere il perché. Non c’è pregresso e non ci sarà futuro e le future menti si appiattiranno senza pensiero in una realtà virtuale precostituita da pochi ad uso e consumo universale. Mi sovviene di un disegno importante posto in un cassetto blindato di primaria istituzione dopo scansione di altissima qualità. Gli studiosi per anni davanti al monitor dove si poteva vedere di tutto e di più. Si allargava l’immagine con due dita e si contavano vergelle e filoni senza ausilio di lenti. Ogni minimo segno lasciato sul foglio dalla sanguigna e più in profondità la pasta della carta indagato in tutti i modi possibili e immaginabili. A chi ne aveva bisogno venivano rilasciati file digitali (fotografie elettroniche) impensabili alle lenti di Carl Zeiss (mi sto riferendo a quelle di vetro, non di plastica, che si fabbricavano a Jena). Con simili fotografie e due dita per allargarle Charles-Moïse Briquet non avrebbe perso la vista a forza di rilevare e classificare filigrane. Poi una decina di anni dopo qualcuno pensò bene di dare un occhiata al disegno e dopo un po’ di ricerche per ritrovare la chiave del cassetto blindato – qualche addetto, nel frattempo, era andato in pensione e della chiave non c’era memoria -… sorpresa! Il foglio di carta attaccato da una muffa non c’era praticamente più. Il processo era compiuto! La realtà virtuale aveva di fatto sostituito, per necessità virtù, la materia. Una mia fantasia? Realtà del già accaduto? Impossibile? Pensatela come più vi aggrada che ancora c’è spazio, per fortuna, per un po’ di libero arbitrio. Saluto la Vergine in attesa che, tanto aspetta da più di cinquecento anni, non avrà bisogno proprio questa notte, ed esco! La macchina parcheggiata di fronte e con la coda dell’occhio uno sguardo alla vecchia scuola che ospita il capolavoro. Saremo si e no a quattro cinquecento metri da una importante faglia e qui la terra trema da sempre e in abbondanza. Io al posto della sala audiovisivi nuova avrei impiegato i soldi per qualche verifica statica. Avete mai visto un politico presentare una catena? Che vado a pensare? Stanno a litigare da decenni per la proprietà dell’affresco tra Soprintendenza, Vescovo e Comune stai a vedere che l’edificio non è in sicurezza? Stai a vedere che non hanno già fatto tutte le verifiche possibili e immaginabili. Stai a vedere che aspettano a me per svegliarsi e farle? Hanno appena restaurato – ormai da qualche mese – la vecchia Cappellina di Momentana dove l’affresco non c’è più. Vuoi che prima non abbiano messo in sicurezza l’edificio dove invece è conservato il capolavoro? Ti pare poi che facevano la nuova sala audiovisivi in un posto non sicuro? L’affresco passi che casomai Piero tornerà a rifarlo, ma i due touch screen? Tranquilli l’edificio non cade e le mie sono elucubrazioni fantastiche di mente malata… speriamo! Per la via di casa penso che per la mia ricostruzione mi serve comunque una buona foto piano lastre parallele… anche no che l’assessore alla cultura Silvia Mencaroni, per avere la foto, mi ha detto di scrivere all’ufficio protocollo del piccolo comune! Invece di usare una fotografia, pazienza, userò la testa. Si avete capito bene… proprio quello strano e desueto strumento che molti hanno già dimenticato a favore del touch screen.
La Madonna del Parto di Piero della Francesca è affresco mutilo sui quattro lati

e per questa precipua caratteristica un qualsiasi tentativo di ricostruzione sembra apparentemente destinato al fallimento. In altro a sinistra del frammento di affresco mutilo si nota, tuttavia, una piccola scansione di un elemento di imposta relativo al catino/cuspide di volta della tenda. Basta lasciarsi guidare dalla progressione degli elementi incrementati naturalmente fino alla linea si mezzeria della tenda per poi ribaltarla di 180° per ottenere l’imposta completa del catino/cuspide di volta. A questo punto avevo da porre in essere il tetto vero e proprio della tenda e le possibilità erano due: 1) un improbabile cupola del tipo di quella aggiunta, non si sa bene quando, al mutilo affresco e rimossa, non so quanto giustamente, da Guido Botticelli in occasione dell’ultimo restauro. 2) considerare la Vergine pregnante in luogo del palo della tenda del sogno di Costantino in San Francesco ad Arezzo e prendere per buona la parte terminale di tale tenda. Al posto del restauratore avremmo considerato parte della fortuna storica del dipinto l’improbabile catino rimosso che avremmo lasciato in loco.

Andando in cerca dell’idea di Piero il problema proprio non si pone: tenda di Costantino (Foto 9)

. Ultimata idealmente la parte superiore della tenda pensavo di dovermi necessariamente fermare, ma subito sotto la parte terminale appena ricostruita abbiamo rilevato due campiture di colore rossa a sx di chi guarda e verde a dx sopra la traccia di quel che resta di decoro di trabeazione. Sotto il trave le campiture sono invertite verde a sx e rosso a dx ed ecco che altri piccoli indizi ci supportano nel nostro tentativo di ricostruzione (Foto 10).

Dove saranno terminati i due monconi di trave a sinistra e destra della tenda meglio evidenziati nel disegno? Avevamo una piantina dell’antica cappella di Momentana con le misure e potevamo provare a mandare la trabeazione a fine corsa *(tutta parete) e farla inevitabilmente girare.

Dell’estensione a tutta parete non eravamo sicuri come del fatto (questo accade regolarmente in Piero) che le cornici che delimitano le campiture dovessero necessariamente girare. Ma le proporzioni ed il fatto che difficilmente Piero avrebbe lasciato un insulso spazio bianco a sinistra e destra della sua scena ci hanno convinto della bontà dell’operazione. Per non far galleggiare i piedi di Vergine ed angeli ci siamo permessi di prendere a prestito il basamento della Resurrezione

il nostro disegno è fortemente approssimato. che tanto di basamenti sicuramente Piero ne aveva dipinto uno anche per la Madonna del Parto. Abbiamo infine completato il tutto con due figure inginocchiate che così non battono la testa sul trave e stanno in giusto rapporto dimensionale e gerarchico con angeli e vergine. Per non dire che le figure aggiunte accentuano e ribadiscono lo schema triangolare/piramidale evocato dalla tenda.

Le due figure laterali naturalmente non sono di nostra invenzione, ma testimoniate da due visite pastorali noi le abbiamo semplicemente disegnate nel contesto di una composizione pierfrancescana.
Composizione per la ricostruzione della quale, per fortuna, nel mutilo frammento sono sopravvissuti particolari che ci hanno fornito indicazioni preziose ed ineludibili.
La prima visita pastorale che cita le due figure da noi aggiunte è quella del vescovo Filippo Salviati del 1623 e la seconda è quella del vescovo Dioniso Bussotti del 1639.