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Pompei: autopsia sui calchi dei cadaveri del 79 d.C.. La causa della morte non furono cenere e lapilli, ma…

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L’esplosione della parte superiore del cratere del Vesuvio, provocò l’immane caduta di lapilli e di cenere, a chilometri di distanza. Fu la cenere caldissima che ricadeva sul suolo e non la lava, come qualcuno potrebbe immaginare, a coprire la città di Pompei, sigillandola per circa 1700 anni. Era il un periodo compreso tra la tarda estate e l’autunno del 79.

Ma la causa di morte degli abitanti che avevano preferito non abbandonare la casa alle prime avvisaglie della catastrofe – in molti casi si temeva che gli edifici potessero essere oggetto di saccheggio – non furono vittime, come si era finora ritenuto, nè delle esalazioni venefiche nè, direttamente, della cenere e dei lapilli. Molte persone furono schiacciate da crolli, a causa del peso della cenere stessa che s’era accumulata sui tetti. Furono uccisi da lesioni e, successivamente, a causa della mancanza del tetto, coperti di cenere.

I segni delle gravi lesioni sarebbero stati individuati da un’accurata osservazione dei corpi, con mezzi tecnologici e nel corso delle successive, accuratissime analisi.

La “perizia necroscopica” è stata possibile grazie a scansioni e ad ingrandimenti digitali dei calchi dei cadaveri. Com’è ben noto i corpi “pietrificati” dei pompeiani, non sono in realtà cadaveri “fossilizzati” dal vulcano, ma calchi in gesso, che contengono gli scheletri. Gli studiosi di Pompei, infatti, individuando alcune cavità nel terreno, ipotizzarono che quei vuoti potessero essere tali a causa dell’antica presenza di cadaveri o di carcasse animali, disgregatesi nel tempo. Attraverso un foro venne quindi colato gesso e materiale solidificante nella cavità. Quando si ritenne che il gesso si fosse asciugato si procedette rimuovere parte del terreno cinerino e apparve il primo positivo di un antico cadavere.

Poi si procedette su altre intercapedini, producendo altri calchi di corpi. La cenere aveva bloccato i corpi. La cenere si è poi solidificata, creando un blocco compatto e unico. Le parti non ossee si sono consumate, lasciando una cavità, mentre lo scheletro ha resistito in sospensione, sorretto alle estremità dalla cenere che diventata molto compatta.
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MA I LETTORI CHIEDONO: PERCHE’
LA PARTE OSSEA E’ RIMASTA ALL’INTERNO
DEL GESSO?

Facciamo un esempio. Poniamo che un grosso pesce sia appoggiata all’esterno di una bottega. Un vulcano “esplode”, lanciando nel cielo lapilli e cenere. La cenere è molto fitta. Copre il pesce. Poi la cenere si solidifica, intrappolando il pesce.

All’interno la polpa, formata da molta acqua e da tessuti molli, si disfa e sparisce. Dove c’era la polpa del pesce si crea una cavità, vuota, naturalmente. Resta però, intrappolata dalla cenere, alle due estremità – -bocca e coda – la lisca. Quindi se potessimo vedere all’interno della cavità vedremmo un’impronta di pesce, sopra e sotto, mentre al centro, in sospensione, la lisca.

Se noi dovessimo buttare gesso, in quella cavità, divenuta, di fatto uno stampo, la sostanza riempirebbe tutti i vuoti, imprigionando anche l’apparato scheletrico, al centro. Se osserviamo le immagini del filmato vediamo, ad esempio, che la parte posteriore del cranio di uno dei morti di Pompei presenta un’integrazione con gesso più fresco. Quello era uno dei punti in cui lo scheletro poggiava ed era compresso. Altro esempio. Prendiamo un ghiacciolo e mettiamolo nel cemento fresco. Copriamolo con altro cemento. Il ghiacciolo si scioglie, ma il bastoncino resta sospeso, come un ponte. Se noi gettiamo gesso, il bastoncino sarà al centro, mentre le parti che erano occupate dal ghiaccio saranno sostituite dal gesso, che prenderà la forma del ghiacciolo.
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LA DOMANDA SUCCESSIVA PRESUPPONE
UNA RISPOSTA PIUTTOSTO MACABRA:
PERCHE’ GLI SCHELETRI
SONO RIMASTI COMPATTI?

Ciò che avvenne a Pompei fu un fatto straordinario. Probabilmente l’epidermide subì una cottura rapida e si indurì. Così si indurirono cartilagini e legamenti… Il calore, la mancanza d’ossigeno, la sottigliezza di una polvere come quella della cenere, le sostanze di natura vulcanica presenti in quel luogo sigillato hanno creato condizioni uniche per un certo tensionamento dello scheletro.  II forte sbalzo termico potrebbe aver distrutto anche i microorganismi, riducendo l’azione demolitrice.
E’ sui positivi tridimensionali dei corpi – che inglobano anche l’apparato scheletrico – che si sta lavorando sotto il profilo diagnostico. La perdita delle parti molli del corpo e la conservazione delle ossa, intrappolate dalla morsa di cenere hanno consentito il recupero sia della forma dettagliata del corpo stesso che, all’interno, dell’apparato scheletrico.
“La gente pensa che tutti gli abitanti morirono durante l’eruzione vulcanica, ma è sbagliato. La maggior parte è riuscita a fuggire in tempo “, dice Laura Vigo, archeologo e curatore del Montreal Museum of Fine Arts.”Solo il 10% delle persone in questa città sono stati uccisi nel disastro, o bruciati vivi e soffocati dalla cenere o, nella maggior parte dei casi, colpiti da oggetti o dal crollo di strutture edilizie.”

I risultati delle scansioni sono interessanti anche perchè consentono di capire meglio alcuni particolari della vita pompeiana. Gli abitanti, in genere, avevano denti molto sani e probabiòmente non soltanto i giovani; ciò doveva essere possibile grazie a una dieta ricca di frutta e verdura. Con queste tecniche di imaging, i ricercatori sono stati in grado di determinare con maggiore precisione l’età, il sesso, le malattie e anche la classe sociale delle vittime.

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