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Scava, scava ancora. Una galleria romana – criptoportico – emerge perfetta a Volterra. Con alcune monete


Si prospettano operazioni di georadar per osservare la conformazione dell’antico anfiteatro di Volterra che, nella ore scorse – oltre ad alcune monete imperiali romane – ha offerto l’individuazione dell’accesso e l’apertura del criptoportico, la parte inferiore della struttura dedicata ai giochi circensi, ai tempi dei nostri antenati romani percorsa dal pubblico per giungere ai posti a sedere. Pur essendo restato per due millenni sotto 17 metri di terra la struttura di base appare perfetta, senza cedimenti. Nei primi giorni di settembre del 2020 gli archeologi e i collaboratori tecnici hanno prima posto in luce l’arco di accesso, poi ampliato la bocca del camminamento che era ostruito, a livello di imbocco. da materiali di colluvio, cioè terra portata dalle piogge, nei secoli. Vediamo qui un fotocollage delle novite delle ultime ore, nelle fotografie de L’anfiteatro che non c’era.
La prima immagine coglie l’archeologa Elena Sorge all’imbocco del criptoportico ancora parzialmente ostruito, prima che si calasse. Accanto, alcune monete antiche emerse dallo scavo e, a destra l’accesso alla galleria del criptoportico, dopo l’eliminazione dei materiali di colluvio

E’ certamente una grande scoperta che consentirà di portare alla luce una grande struttura e, probabilmente, diversi altri reperti, che potrebbero emergere, sempre più copiosi, proprio sul fondo dell’edificio. Lo straordinario stato di conservazione del criptoportico lascia sperare di trovare altri elementi intatti. Frattanto emergono, ancora monete.
L’archeologa Elena Sorge, che dirige lo scavo volterrano, spiega che “allo stato attuale delle conoscenze non possiamo formulare ipotesi sulle effettive dimensioni del criptoportico stesso: tali strutture venivano utilizzate negli edifici di spettacolo per far defluire il pubblico nei vari settori delle gradinate”.
Già nelle settimane scorse, dopo lavori in un terreno agricolo, s’era registrata una svolta notevole. Diceva l’archeologa Elena Sorge “Il caldo ci uccide, ma le soddisfazioni sono tante!. Oltre alle solite meravigliose canalizzazioni, stiamo scendendo verso l’arena su un lato mentre dall’altra parte stiamo scavando il primo ordine… vediamo vediamo…”. Il terreno iniziava ad offrire, in agosto, oltre alle strutture dell’anfiteatro, monete ed altri manufatti antichissimi.

Nelle fotografie del sito L’anfiteatro che non c’è: le strutture scavate e oggetti metallici che sono emersi in questi giorni, durante gli scavi



Siamo a Volterra, in Toscana, sul terreno che, in poco meno di due millenni, ha coperto un vasto anfiteatro realizzato dai romani, che sta venendo alla luce, grazie agli scavi. Emerge una struttura splendida, sopraffatta da detriti e terra, accumuli che hanno coperto copiosamente – con dilavamenti secolari del colle sovrastante – la struttura ellittica degli antichi spettacoli. Nei secoli, sulla parte superiore del terreno, furono realizzate canalette ad uso agricolo. Sotto metri e metri di terreno, stavano i resti di cui si era persa traccia e memoria. Un anfiteatro, nei quali potevano essere svolti spettacoli con animali e gare tra gladiatori. Gli archeologi lo hanno definito l’Anfiteatro che non c’era. Non va infatti confuso con il teatro romano di Volterra, realizzato tra il primo secolo prima di Cristo e l’anno 13, dalla ricca famiglia volterrana dei Caecina e scavato, a livello di recupero archeologico, dagli anni Cinquanta del Novecento. Siamo alla presenza di un altro possente edificio. La gente ha iniziato a chiamarlo il Colosseo di Volterra.
Facciamo qualche passo indietro. L’8 luglio 2015 in una piccola valle oblunga nei pressi di Porta Diana, immediatamente ad ovest del cimitero comunale di Volterra e a sud della necropoli etrusca del Portone, durante alcuni lavori di bonifica all’esterno dell’area cimiteriale sono emerse le strutture murarie. I lavori vennero bloccati e iniziarono gli accertamenti archeologici.
Non si ritenevano storicamente fondate – e, invece, lo erano – le affermazioni di alcuni studiosi rinascimentali – Raffaello Maffei, alla fine del Quattrocento, e Lodovico Falconcini, nel Cinquecento – che scrivevano dell’esistenza, a Volterra, di un anfiteatro. Nel Novecento – come accadeva e accade spesso rispetto a fonti indiziarie, che vengono contestate e non approfondite – queste indicazioni erano considerate di scarsa affidabilità. Si riteneva che gli eruditi parlassero di anfiteatro, confondendolo con il teatro. Eppure anche nell’Ottocento l’architetto che stava dirigendo i lavori per la realizzazione del cimitero, Aristodemo Solaini, scrisse al Sindaco di Volterra, spiegando che il ritardo nei lavori era causato dal ritrovamento di “una massa considerevole di terra da getto, da ritenere che un tempo in quella località vi fossero fatte delle grandiose escavazioni di pietra, dimostrandolo con alcuni pezzi di panchina scalpellati, ivi rinvenuti, nella sua maggiore profondità, cioè a metri 11,50 dal piano del nuovo piazzale antidetto”.
La ruspa del 2015 diede ragione a quelle indicazioni.
Nel mese di ottobre 2015 si procedette, grazie al finanziamento della Fondazione e della Cassa di Risparmio di Volterra, all’esecuzione di un ampio saggio di accertamento che confermò la prima ipotesi, relativa alla presenza di un importante edificio di spettacolo del quale si era completamente perduta memoria, a tre ordini, interrato a notevole profondità. L’arena, infatti dovrebbe trovarsi, nel punto di minor interro, a 6 metri circa dal piano di campagna e, nel punto di maggior interro, a 11 metri circa.
Nel maggio 2016 si concluse una seconda campagna di indagine finanziata dal Ministero che permise di acquisire dati circa le reali dimensioni del monumento, la potenza dell’interro dello stesso e le sue condizioni di conservazione. Nel corso della campagna furono aperti 4 nuovi ampi saggi che hanno consentito di ipotizzare la pianta dell’intero monumento. L’anfiteatro, a tre ordini di gradinate, è stato inserito nella vallecola che precede la celebre Porta Diana, lungo il percorso probabilmente di una antica via etrusca, poi ribadito dal Cardo della colonia romana. Notevole indubbiamente la potenza dell’interro nella sezione a valle, che può giungere sino agli 8 metri dal piano di campagna. Più ampie, rispetto a quelle ipotizzate in prima istanza, le dimensioni complessive del monumento, che parrebbero orientare verso un struttura di circa m. 82 x 64. Di particolare interesse è stata la scoperta, nell’ultimo settore scavato, di una parte delle scalinate pertinenti al secondo ordine. La campagna del 2020, oltre alle strutture, consente di recuperare i primi oggetti di quell’epoca lontana.