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Scavano sotto il bosco, sul monte. Trovano i resti del castello modenese di Matilde di Canossa. Il palazzo, la chiesa e gli scheletri


Fino a poche settimane fa questi resti antichi erano coperti dal terreno @ Archaeology Mountains Rivers

Sotto il terreno di quello che era ormai diventato un bosco, presso la cima di un monte, gli archeologi hanno identificato il luogo sul quale sorgeva uno dei castelli perduti di Matilde di Canossa e ora hanno trovato resti copiosi dell’antico e articolato edificio. Gli scavi sono avvenuti in queste settimane. “Lo scavo del castello di Montebaranzone ha dato risultati di grande interesse. – dicono gli archeologi di Archaeology Mountains Rivers – Sono emersi i resti ben conservati dell’area signorile del castrum e parte del cimitero della chiesa di San Michele”.

Il castello disponeva anche di un proprio cimitero annesso all’antica chiesa di San Michele, con San Giorgio, protettore dei guerrieri @ Archaeology Mountains Rivers

L’importante scavo è stato coordinato da Archeo Metodologia Univr – Università di Verona -. Ora inizierà lo studio dei materiali recuperati. E’ probabile che questo luogo magico possa essere oggetto di altri scavi.

Struttura costruita su un terrazzamento, portata alla luce in questi giorni @ Archaeology Mountains Rivers

Ma dove sono finite le altre pietre? Furono reimpiegate. In alcuni casi i castelli venivano eliminati per un cambiamento della politica difensiva e per evitare che essi, abbandonati, divenissero covo di nemici o malfattori. In altri casi, dopo i crolli, furono oggetto di recupero di materiale da parte delle popolazioni locali. Nell’Ottocento, alcuni ruderi, in Italia venivano acquistati da impresari edili o uomini d’affari che smontavano letteralmente gli edifici in rovina, portando a valle i materiali grazie alle teleferiche. Un affare, per gli imprenditori, perché potevano disporre di materiali già lavorati e pronti per la posa in opera negli edifici in costruzione del comprensorio. Uno dei tanti esempi è costituito dalla rocca medievale di Gussago, in Lombardia, un edificio articolato che sorgeva su un colle, a nord, a difesa del paese ma soprattutto di una strada strategica, che avrebbe consentito il facile accerchiamento della città di Brescia. Un imprenditore acquistò per poco l’area dell’antico castello e procedette fino a cancellarlo. Tutto fu reimpiegato per costruire alcuni palazzi, nel fondovalle, che sorsero proprio in quell’epoca.

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Montebaranzone è una frazione di Prignano sulla Secchia, un Comune di circa 3800 abitanti della provincia di Modena, il cui municipio sorge a un’altitudine di 557 metri sul livello del mare.

L’area prima dello scavo archeologico. Foto Archeo Metodologia Univr

Montebaranzone nel 1197 sì assoggettò spontaneamente al comune di Modena anche se la fortezza fu rivendicata dal Salinguerra, erede di Matilde. Nel 1415 passò sotto il controllo diretto degli Estensi che ne diedero il governo nel 1432 a Jacopo Giglioli, già signore di Montegibbio. Due anni dopo, alla morte di questi, il duca Ercole I d’Este ne diede il feudo, unito con Sassuolo, ai Pio che lo tennero fino al 1599, quando morì assassinato Marco Pio, ultimo erede della famiglia.

Successivamente, il duca Francesco I tolse Montebaranzone alla podesteria di Sassuolo, unendolo con Pescarola e Varana al marchesato di Montegibbio appartenente a Giacomo Boschetti. Morto Francesco, figlio di Giacomo, senza eredi, gli Estensi nominarono il Marchese Giovanni Galliani, signore di Montebaranzone e Varana, e il governo della sua famiglia, durò fino all’invasione dell’Italia da parte delle truppe napoleoniche nel 1796.

L’area in un’immagine precedente all’avvio dei lavori. Foto Archeo Metodologia Univr

Nel punto più alto del paese erano visibili le parti finali dei muri dell’antica fortificazione, che apparivano come poco più che muretti riemergenti dal terreno. Nella parte del paese prossima all’antico castello si ammirano alcune case a schiera con portali trecenteschi a conci squadrati con rosa a quattro punte e una casa a torre (un edificio a pianta quadrata più robusta di una semplice torre segnaletica ma dotata di strette feritoie e di piccoli portali, in cui veniva abitato il piano intermedio dei tre che di solito costituivano questa tipologia edilizia).

Scendendo da Montebaranzone verso il torrente fossa si incontra Volpogno, il quale conserva una casa a torre e alcuni edifici quattrocenteschi che si affacciano su un’aia comune.

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