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Trovati nuovi reperti “stregoneschi” nella Casa dei riti magici di Pompei. La scoperta, il video


Chi erano i proprietari di questa misteriosa casa pompeiana distrutta dal Vesuvio nel 79 d. C.? Maghi dediti ad attività stregonesche? Il punto di riferimento di una setta? Oppure: lo “studio” di qualcuno che si dedicava a pratiche occulte, coinvolgendo altre persone, per diletto o per denaro? Oppure, ancora: una casa- tempio dedicata al culto di un dio minore legato a pratiche di magia?

La campagna di scavo appena conclusa – che sarà riprenderà nella prossima stagione – ha confermato la vocazione lievemente sinistra del luogo. Tante stranezze hanno caratterizzato anche le ultime scoperte. Qui erano state trovate mani di bronzo dedicate a una divinità esotica, immagini con lucertole e serpenti.

Quest’anno gli archeologi hanno portato alla luce – accanto ai diversi livelli della struttura – monete tagliate o bucate da azioni specifiche – probabilmente connesse con un rituale magico –  e minuscoli vasi che erano stati sepolti nel terreno, durante una cerimonia fondativa-sacrificale, a base di fuoco e di consumazione rituale del cibo. In fondo alla pagina troverete il breve video con l’intervista agli archeologi, prodotto da Made in Pompei.

“Si tratta di una casa adibita all’esercizio di riti magici per adepti e avventori. -spiegano gli archeologi – Il nome stesso del complesso si deve al ritrovamento di due “mani magiche” in bronzo, ispirate al dio della vegetazione, Sabazio, e di due vasi sacrificali in terracotta. I vasi stessi erano decorati a rilievo con immagini di lucertole, serpenti, testuggini, grappoli d’uva e pane che alludevano alle divinità agrarie e alle forze della natura, che qui venivano magicamente ammansite e propiziate. In una stanza situata nei pressi dell’ingresso è individuata la sala destinata ad incontri propiziatori e ai banchetti votivi. Nel cortile vi era un’ara dietro cui si apriva l’esedra destinata a riti magici, come spiegherebbero alcuni graffiti”.

Sabazip è il cavaliere e dio padre del cielo dei Frigi e dei Traci. Sebbene i greci interpretassero Sabazio frigio sia come Zeus che come Dioniso, le sue rappresentazioni, anche in epoca romana , lo mostrano sempre a cavallo, come un dio cavaliere nomade, che brandisce il suo caratteristico bastone del potere. Anche a Roma il culto manifestò elementi misterici e magici e venne fortemente osteggiato, perchè creava elementi di inquietudine tra la popolazioni. Forse per questo gli adepti si trovavano in spazi riservati, cercando di non dare nell’occhio.

Una mano del dio Sabazio

Inizialmente si pensò che i reperti venuti alla luce appartenessero a una sibilla, che qui svolgeva i propri riti. Studi recenti hanno invece ipotizzato che l’edificio, dal 62 d.C. fino al momento della sua distruzione causata dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., fosse destinato proprio alle celebrazioni del dio Sabazio  venerato anche dal proprietario di una domus vicina, che possedeva un busto in bronzo del dio. In effetti, questo vasto complesso, composto da tre ampie aree aperte sulle quali si aprono piccole stanze secondo una planimetria peculiare, può essere difficilmente identificato come semplice domus.

Oltre che per quest’ultima fase di vita, il Complesso dei Riti Magici si presenta interessante per tutta la sua storia edilizia. Si è generalmente supposto, infatti, che questa singolare struttura si imposti su un’area originariamente occupata da una serie di “case a schiera” costruite fra il III e il II secolo a.C., successivamente accorpate a formare un’abitazione più grande, ristrutturata e riorganizzata a più riprese nei secoli

Le ultime attività di ricerca sono ora raccontate alle telecamere di Made In Pompei. Con riprese direttamente dal cantiere e primi piani sugli interessanti manufatti rinvenuti, il servizio racconta i risultati preliminari della campagna di scavo 2022 nel complesso dei Riti Magici,  illustrati da 𝗔𝗻𝗻𝗮 𝗔𝗻𝗴𝘂𝗶𝘀𝘀𝗼𝗹𝗮 (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere – Università di Pisa), 𝗥𝗶𝗰𝗰𝗮𝗿𝗱𝗼 𝗢𝗹𝗶𝘃𝗶𝘁𝗼 (Research Unit LYNX – IMT School) e 𝗔𝗹𝗯𝗲𝗿𝘁𝗼 𝗠𝗮𝗿𝘁𝗶𝗻 𝗘𝘀𝗾𝘂𝗶𝘃𝗲𝗹 (Università di Salamanca). Il video è qui sotto.