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Uno scanner e un robot producono scultura “antica” di marmo



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E’ sorprendente l’effetto  del laser dello scanner esercitato sul modello in gesso, con quella luce rossa-arancione che perlustra millimetro per millimetro il solido che ha davanti. Inizia così la misurazione dettagliata di ogni parte della scultura intermedia. Memorizzati tutti gli elementi del modello, i dati vengono elaborati in tre dimensioni e interviene, a questo punto, il braccio operativo del robot che scolpisce il marmo, andando a riferirsi alle misure di trapanazione di cui deve tener conto sulla base del 3d.  Queste tecnologie sono utilizzate dal Polo teconologico Pietre toscane di Gramolazzo, in Garfagnana. La procedura non è quella di Michelangelo – che, dopo il disegno, aggrediva la pietra con lo scalpello – ma ha migliaia di illustri e nobili precedenti, come quello di Canova, ad esempio, che lavorava nello stesso in cui, a partire da un passato ancor piĂą remoto, quello del mondo classico, si operava per produrre statue di bronzo.
Per realizzare l’opera, Canova ideava così un bozzetto in creta, nel quale fissava l’idea e passava poi a modellare la scultura, in dimensioni maggiori, con materiale argilloso. Dopo aver completato l’intervento plastico, il lavoro veniva affidato al laboratorio. Della scultura in creta veniva preso un calco dal quale si otteneva uno stampo. Nello stampo, una volta asciutto e ben solido, veniva poi colato gesso liquido. Ecco, allora ottenuto il modello in gesso nel quale venivano piantate le repere, cilindretti metallici, indispensabili come punti di riferimento per prendere le misure del modello e trasferirle, con squadre, compassi o pantografi, perfettamente al blocco di marmo. Questa operazione, nella scultura industriale viene ora compiuta dal laser e dal computer, mentre l’intervento finale – affrontata, un tempo, soprattutto dagli assistenti del maestro – è  affidato allo scalpello “impugnato” dal computer.



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